martedì 12 maggio 2015

Quei rapporti diretti o indiretti con ambienti ritenuti sospetti

Dalla Gazzetta del Sud - Martedì 12 Maggio 2015

Sotto i riflettori le coalizioni interessate alle prossime elezioni amministrative.
Molte le formazioni in campo che presentano personaggi discussi.
Inchieste giudiziarie passate e presenti chiamano in causa candidati sparsi nei vari schieramenti.
di Giuseppe Baglivo


Figurano nelle liste pure candidati in rapporti diretti o indiretti con la ‘ndrangheta e gli ambienti del narcotraffico. Sebbene la responsabilità penale sia personale, un mancato “allontanamento” del politico da alcuni contesti familiari, oltre ad un voto inquinato, determina quello “svilimento delle istituzioni e perdita di credibilità degli enti locali” alla base spesso del loro commissariamento per mafia. Così, se l’inchiesta “Rima” contro il clan Fiarè chiama in causa direttamente, o indirettamente attraverso strettissimi congiunti (poi archiviati), alcuni candidati delle coalizioni con a sindaco Elio Costa, Cesare Pasqua e Franco Bevilacqua, altre inchieste mettono in luce i legami di alcuni candidati a sostegno di Antonio Lo Schiavo. Nella lista del Pd un candidato è infatti imparentato con la “famiglia” Barba, un altro con “famiglie” coinvolte nell’operazione “Nuova Alba”, un altro con uno strettissimo congiunto sotto processo per intestazione fittizia di beni (auto e bar) frutto di narcotraffico internazionale. Nella lista “Lo Schiavo sindaco” c’è invece un candidato il cui fratello è stato riconosciuto responsabile di reati legati agli stupefacenti. Nella lista “Democratici” (Lo Schiavo) è ricandidato un consigliere il cui nome, sebbene non indagato, emerge nell’inchiesta Libra poiché <<in rapporti di cointeressenza con il sodalizio Tripodi-Mantino>>. Gli inquirenti sottolineano che lo stesso è fratello di un soggetto <<con pregiudizi per associazione mafiosa, estorsione, armi e altro>>. Nella lista “La città che vorrei” a sostegno di Elio Costa, un candidato è stato invece accusato da un pentito di aver ricevuto in altre competizioni i voti di clan reggini e vibonesi. Nella stessa lista, altro candidato emerge quindi in “Purgatorio” per legami con un soggetto <<legato da vincoli diretti alla cosca Lo Bianco, nonché a Pantaleone Mancuso cl. ’47>>. Per il Ros, l’aspirante consigliere avrebbe avuto <<piena consapevolezza delle attività illecite>> e dei legami con i clan del suo amico. Infine, nella lista “Liberali per Costa sindaco” è candidato un soggetto per il quale la Dda aveva chiesto l’arresto nell’inchiesta “Rima”. Archiviata la posizione, rileva comunque che l’aspirante consigliere è stato fermato più volte in auto con elementi noti alle forze dell’ordine. Lo stesso è inoltre cognato di quello che viene ritenuto elemento di spicco dei Fiarè, condannato a 4 anni per associazione mafiosa ed usura ed in attesa di un nuovo processo dopo un annullamento con rinvio della Cassazione. Tale cognato dell’aspirante consigliere è figlio del capo indiscusso della ‘ndrangheta di San Gregorio. 

Candidati al Comune e ... indagati

Dalla Gazzetta del Sud - Martedì 12 Maggio 2015

Nelle liste delle principali coalizioni non mancano esponenti alle prese con problemi di giustizia.
Ma tutti gli aspiranti a sindaco hanno aderito alla campagna "Viboocchiaperti".
Nei confronti di alcuni in passto sono stati emessi dal giudice competente ordini di custodia cautelare ai domiciliari.
di Giuseppe Baglivo

Non ci “hanno pensato un solo istante i candidati a sindaco, con tutte le loro liste al seguito, ad aderire nei giorni scorsi alla campagna Vibo occhi aperti” lanciata dall’associazione antimafia “Libera” in vista della presentazione delle liste ed al fine di <<porre al centro della competizione elettorale – spiegava Libera - quelle tematiche ritenute fondamentali per la legalità, la trasparenza, l’etica pubblica, la responsabilità politica, la lotta alla corruzione ed alla ‘ndrangheta>>. Il tutto, ovviamente, per <<il buon governo della città>>. Una dichiarazione “di pubblico impegno”, quindi, da parte di ogni candidato a sindaco che ha così inteso accettare integralmente le proposte di “Libera”. Fermo restando che nel nostro ordinamento, come sancito dalla Costituzione, ogni indagato è presunto innocente sino a sentenza definitiva, e fermo restando pure che le tesi degli inquirenti possono essere ribaltate dalle difese nel corso di un procedimento penale, alcune candidature pongono però indubbiamente un problema politico agli aspiranti primi cittadini, ai loro sostenitori ed a chi in questi giorni ha messo a punto le liste con i candidati al Consiglio comunale. Nelle liste dell’aspirante sindaco Elio Costa, ex magistrato e già primo cittadino dal 2002 al 2005, figurano infatti due candidati al Consiglio comunale, attualmente in stato di libertà, ma che negli scorsi anni sono finiti agli arresti domiciliari per concorso in bancarotta fraudolenta. Nella lista “Alleanza per Vibo”, espressione dell’Udc, è candidato Rosario Mirabello, 40 anni, posto ai “domiciliari” nel luglio 2013 dal gip Lucia Monaco insieme al padre, alla madre ed al fratello per concorso in bancarotta fraudolenta nell’ambito dell’operazione “Tunus” della Guardia di finanza. L’operazione ha portato al sequestro complessivo di beni del gruppo Mirabello-Naso (fallimento della Costruzioni Santa Venere srl) per circa 50 milioni di euro. Il processo che vede Rosario Mirabello imputato è tuttora in corso dinanzi al locale Tribunale collegiale ed il 25 giugno prossimo è fissata una nuova udienza per l’esame dei testi residui del pm. Fra gli imputati del processo c’è anche Pietro Naso, che con i Mirabello per gli inquirenti avrebbe costituito un unico gruppo. Pietro Naso è emerso di recente, nelle udienze pubbliche dei processi “Black money” e “Purgatorio”, per i suoi presunti rapporti con il boss Pantaleone Mancuso, alias “Vetrinetta”. Nella stessa lista a sostegno di Costa (Alleanza per Vibo) è poi candidato l’ex presidente di Confcommercio e già consigliere comunale, Giuseppe Rito, posto agli arresti domiciliari nel luglio 2012 nell’operazione “Dura lex” per la bancarotta fraudolenta della “Etty Mancini Moda”, con conseguenti presunte false comunicazioni sociali ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti che ha portato il gip a sequestrare beni per 2 milioni e 800 mila euro, cioè l’equivalente della somma che sarebbe stata distratta con un presunto giro di vendite fittizie di beni a società dello stesso Rito e del suocero. Giuseppe Rito e la moglie (Etty Mancini) hanno chiesto il processo con rito abbreviato (prossima udienza il 6 ottobre), mentre il suocero Giuseppe Mancini ed iil commercialista Mario Malfarà Sacchini hanno optato per il rito ordinario. Richiesta di rinvio a giudizio per truffa e falsità ideologica in atti pubblici, la Procura ha invece avanzato per Mario Mazzeo, già capogruppo del Pdl in Consiglio comunale e ricandidato nella lista “Liberali per Costa” (espressione di Forza Italia). Nei confronti del veterinario Mazzeo, - nell’ambito di un’inchiesta su presunte assenze dal lavoro di diversi veterinari -, il pm Cutroneo contesta  la <<corresponsione da parte dell’Asp di benefici economici a fronte di prestazioni in realtà non effettuate>>. L’udienza preliminare dinanzi al gup è fissata per l’1 luglio prossimo. Passando invece ai candidati al Consiglio comunale che sostengono l’aspirante sindaco Antonio Lo Schiavo, nella lista dei “Democratici” è candidato Antonio Gotto, 42 anni, sotto processo a Catanzaro insieme alla moglie per i reati di falso materiale e falsità ideologica. Secondo l’accusa, dietro <<imprecisate somme di denaro>>, Gotto avrebbe superato 10 esami a Giurisprudenza. Il titolo accademico di Gotto (che nel frattempo era divenuto avvocato) è stato sequestrato. Nella lista “Lo Schiavo sindaco” è invece candidata l’avvocato Sonia Lampasi, 39 anni, nei cui confronti la Procura vibonese (quale componente della commissione esaminatrice) ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sui concorsi “pilotati” al Parco regionale delle Serre. In questo caso l’udienza preliminare è stata fissata per il 30 settembre. Falso ideologico in atti pubblici e concorso in abuso d’ufficio i reati contestati.